La lettura della metafora “La passeggiata nel bosco” mi ha suggerito alcune riflessioni legate al mio lavoro di insegnante. Cosa significa formare i ragazzi? Una risposta potrebbe essere: offrire il maggior numero di conoscenze possibili, stipando in metaforiche valigie quanto gli adulti ritengono possa loro servire in futuro (un tempo si usava l’espressione “fornire un bagaglio culturale”). Si potrebbe completare la definizione aggiungendo: fare in modo che queste conoscenze comprendano un ricco ventaglio di contenuti, identico per tutti, al fine di consentire un percorso di vita che permetta di avere a portata di mano il rimedio per ogni inconveniente. Direi che la formazione è niente o poco di tutto questo, io la intendo come un viaggio in cui esploriamo luoghi nuovi, ne scopriamo le risorse, le ricchezze, le brutture; alcuni di essi ci affascinano e ci ritorniamo volentieri, proseguiamo ed ampliamo l’esplorazione arricchendo la nostra esperienza; altri li ricordiamo solamente, li abbiamo conosciuti e questo ci basta. Ecco, io credo che sia necessario pensare a strategie di insegnamento che forniscano agli studenti abilità di esplorazione, creatività, gioia della scoperta, affinché ognuno possa trovare il percorso a lui più adatto per maturare competenze e abilità. Oggi si parla di personalizzazione ma quanto effettivamente riusciamo a realizzare questo obiettivo? E’ certamente meno dispendioso confezionare abiti in serie, uguali per tutti, piuttosto che “su misura” adattandoli alle caratteristiche e ai gusti dei clienti.
Claudia
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Già, personalizzazione. Se ne è parlato anche nel corso di Psicologia dell’educazione e dei processi evolutivi. Personalmente è una delle maggiori difficoltà che incontro quotidianamente a scuola: numerosità della classe, ritmi di lavoro a volte troppo serrati e mancanza di tempi distesi, mi impediscono di seguire da vicino ogni singolo alunno come vorrei fare, a volte ci riesco altre volte no e la cosa mi lascia insoddisfatta.
RispondiEliminaCome cerco di ovviare a questo? Quantomeno offrendo proposte didattiche che utilizzino linguaggi multicodicali (grazie anche alle ICT) che consentano a ciascuno di mettere in campo le proprie potenzialità. Ogni bambino ha in sé delle potenzialità che la scuola deve far emergere, ogni bambino ha una sua eccellenza personale che deve avere la possibilità di “mostrare” e mettere a disposizione di tutti, poiché le competenze dei singoli arricchiscono il gruppo, proprio come stiamo facendo noi in questo corso di laurea. Quanta ricchezza è emersa in questi tre anni, quante strategie, modalità di lavoro ho avuto modo di apprezzare; nella condivisione ho imparato tantissimo! Anche le nostre classi dovrebbero diventare piccoli “corsi di laurea” con spazi dedicati alla condivisione e alla collaborazione, spazi nei quali ciascuno può svolgere un proprio ruolo importante per la crescita di tutti.